Post by 3 on Aug 11, 2007 13:27:17 GMT 1
When i was in naples i didnt realise Morgan had released his latest and i travelled to Vanvitelli station just for Canzoni dell'appartamento (i also got Velvet's "Dieci Motivi"). So now i had to ask my gfriend to get this one for me. She managed and should be getting it over this Friday!!
Review from www.bloomriot.org
Marco Castoldi (Morgan), Da A Ad A. Ricordi / Sony 2007
Supporti > Una parata ricca e sfarzosa, barocca e piena zeppa di riferimenti, suoni, colori, sfumature, gioielli, delicatezze. Come un baule prezioso avvolto di pregiato damasco e aperto, corpo in autopsia, a chi voglia ascoltare. Una mise en scene spietata, crudelissima e affogata di dolcezza, del proprio sé, messo a nudo in quanto essere (umano) e in quanto dramatis personae, esponendo lacerazioni e ferite, cicatrici e gioie, gingilli e ricerca, amore e narcisistiche illusioni. Calcando la mano, andando all’estremo, Teatro Della Crudeltà nei fatti, e non nel manifesto programmatico cui altre band (vedi il pur ottimo Il Teatro Degli Orrori) possano esprimere aderenza. Antonin Artaud e Carmelo Bene metabolizzati in una propria sussunta ego-fania. Che parla di sé rendendo il sé pubblica opera d’arte (il privato che diviene pubblico, si sarebbe detto secoli fa). La forma che E’ sostanza. Puro dandismo, ma non c’è solo quello, affatto. Ché Morgan è settecentesco, illuminista votato all'inclusione, più che al minimal, un Barry Lyndon più sulfureo e mozartiano, specie ora che ha quei capelli lunghi da Sir Francis Drake dopo l’ennesima scorreria per il mar dei Sargassi.
Perché è un caleidoscopico aleph, quello che il signor Castoldi (con i suoi ottimi musicisti: Megahertz, Sergio Carnevale, Enrico Gabrielli e Marco Carusino) propina in questo Da A Ad A, e che, proprio come uno spartito mozartiano, pare avvolgersi qua e là di levità per poi invece andar giù duro, con la sostanza, o d’altra parte buttarsi, senza ripensamenti, nel più appassionato melodramma: ar(t)monie senza tempo e solo a un primo livello, d’antan, ritorni che danno senso al viaggio, teorie delle catastrofi, passatopresente (la title-track, colorata nei suoni come un brano di Sgt. Pepper o una suite dei Pink Floyd era-AtomHeartMother). Melodie cristalline, profondamente italiane, nel gusto, scelte per raccontare, con testi sfavillanti e lussureggianti di inventiva, sentimenti e emozioni potentissime (Amore Assurdo, testo che da solo vale una carriera). Oppure, altrove (la citazione non è voluta) solo apparentemente futili giocosità, come il foxtrot di Animali Familiari, apologo tragicomico della condizione universale del maschio, o la scanzonata U-Blue, surreale filastrocca cantata con la piccola Anna Lou e che finisce per ferire, da tanto è dolce, o ancora il calembour schizoide e a tratti zappiano di La Cosa.
E anche quando sembra che la tensione debba allentarsi, come nel singolo Tra Cinque Minuti (scritto a sei mani con i Lombroso, e che infatti riecheggia parecchio le atmosfere del duo, cosa che non me lo aveva fatto subito piacere), la cura nell’arrangiamento, l’attenzione per il dettaglio fanno rimanere all’erta.
E poi ci sono le stoccate vincenti, le scudisciate con le quali Morgan fa sua la partita a mano bassa: la già citata Amore Assurdo, la drammatica, e intensa fino allo stremo, Una Storia D’Amore E Di Vanità, nonché La Verità, sorta di tangaccio riveduto e corretto dal testo assolutamente azzeccato, e con la voce che rincorre imbizzarrita lo svolgersi armonico della musica, con controcanti, salite, discese, da opera lirica. E come non citare Contro Me Stesso? Titolo didascalico per la auto-messainscacco finale, con una coda mantrica e tribale che finisce con un beffardo sberleffo (i musicisti, che se la ridono per il finale retrò sull’accordo maggiore). Così tante, le stoccate, che quasi passa in secondo piano un brano come Liebestod, in cui Marco duetta con l’altra, delle A del titolo, e in verità stiletta il cuore forse un po’ meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da un duetto tra l’Artista e la di lui Musa (ma forse anche questa, è una lieve, divertita beffa, chissà).
Bando agli indugi, dunque: nell’attesa golosa (almeno per me) del nuovo disco dei Marlene Kuntz in uscita a settembre, Da A Ad A è a mio modesto avviso il disco italiano dell’anno.
Dicono in giro che Morgan o lo ami o lo odi. Beh, personalmente (altra citazione non voluta), non capisco proprio come lo si possa odiare.
check this other video out guys:
www.youtube.com/watch?v=qo-096hGUL8&mode=related&search=
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Marco Castoldi (Morgan), Da A Ad A. Ricordi / Sony 2007
Supporti > Una parata ricca e sfarzosa, barocca e piena zeppa di riferimenti, suoni, colori, sfumature, gioielli, delicatezze. Come un baule prezioso avvolto di pregiato damasco e aperto, corpo in autopsia, a chi voglia ascoltare. Una mise en scene spietata, crudelissima e affogata di dolcezza, del proprio sé, messo a nudo in quanto essere (umano) e in quanto dramatis personae, esponendo lacerazioni e ferite, cicatrici e gioie, gingilli e ricerca, amore e narcisistiche illusioni. Calcando la mano, andando all’estremo, Teatro Della Crudeltà nei fatti, e non nel manifesto programmatico cui altre band (vedi il pur ottimo Il Teatro Degli Orrori) possano esprimere aderenza. Antonin Artaud e Carmelo Bene metabolizzati in una propria sussunta ego-fania. Che parla di sé rendendo il sé pubblica opera d’arte (il privato che diviene pubblico, si sarebbe detto secoli fa). La forma che E’ sostanza. Puro dandismo, ma non c’è solo quello, affatto. Ché Morgan è settecentesco, illuminista votato all'inclusione, più che al minimal, un Barry Lyndon più sulfureo e mozartiano, specie ora che ha quei capelli lunghi da Sir Francis Drake dopo l’ennesima scorreria per il mar dei Sargassi.
Perché è un caleidoscopico aleph, quello che il signor Castoldi (con i suoi ottimi musicisti: Megahertz, Sergio Carnevale, Enrico Gabrielli e Marco Carusino) propina in questo Da A Ad A, e che, proprio come uno spartito mozartiano, pare avvolgersi qua e là di levità per poi invece andar giù duro, con la sostanza, o d’altra parte buttarsi, senza ripensamenti, nel più appassionato melodramma: ar(t)monie senza tempo e solo a un primo livello, d’antan, ritorni che danno senso al viaggio, teorie delle catastrofi, passatopresente (la title-track, colorata nei suoni come un brano di Sgt. Pepper o una suite dei Pink Floyd era-AtomHeartMother). Melodie cristalline, profondamente italiane, nel gusto, scelte per raccontare, con testi sfavillanti e lussureggianti di inventiva, sentimenti e emozioni potentissime (Amore Assurdo, testo che da solo vale una carriera). Oppure, altrove (la citazione non è voluta) solo apparentemente futili giocosità, come il foxtrot di Animali Familiari, apologo tragicomico della condizione universale del maschio, o la scanzonata U-Blue, surreale filastrocca cantata con la piccola Anna Lou e che finisce per ferire, da tanto è dolce, o ancora il calembour schizoide e a tratti zappiano di La Cosa.
E anche quando sembra che la tensione debba allentarsi, come nel singolo Tra Cinque Minuti (scritto a sei mani con i Lombroso, e che infatti riecheggia parecchio le atmosfere del duo, cosa che non me lo aveva fatto subito piacere), la cura nell’arrangiamento, l’attenzione per il dettaglio fanno rimanere all’erta.
E poi ci sono le stoccate vincenti, le scudisciate con le quali Morgan fa sua la partita a mano bassa: la già citata Amore Assurdo, la drammatica, e intensa fino allo stremo, Una Storia D’Amore E Di Vanità, nonché La Verità, sorta di tangaccio riveduto e corretto dal testo assolutamente azzeccato, e con la voce che rincorre imbizzarrita lo svolgersi armonico della musica, con controcanti, salite, discese, da opera lirica. E come non citare Contro Me Stesso? Titolo didascalico per la auto-messainscacco finale, con una coda mantrica e tribale che finisce con un beffardo sberleffo (i musicisti, che se la ridono per il finale retrò sull’accordo maggiore). Così tante, le stoccate, che quasi passa in secondo piano un brano come Liebestod, in cui Marco duetta con l’altra, delle A del titolo, e in verità stiletta il cuore forse un po’ meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da un duetto tra l’Artista e la di lui Musa (ma forse anche questa, è una lieve, divertita beffa, chissà).
Bando agli indugi, dunque: nell’attesa golosa (almeno per me) del nuovo disco dei Marlene Kuntz in uscita a settembre, Da A Ad A è a mio modesto avviso il disco italiano dell’anno.
Dicono in giro che Morgan o lo ami o lo odi. Beh, personalmente (altra citazione non voluta), non capisco proprio come lo si possa odiare.
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